Alessandro
Miss Millennio: Beyoncé – Parte II. Beyoncé parla del nuovo album.
11 Gennaio 2013
in News

Ha senso che, quando una ragazza possiede e controlla ogni aspetto di sé, così come fa Beyoncé , questo la porti ad essere sempre più determinata ad essere perfetta. [Ovviamente Beyoncé non sta solo vendendo musica, ma anche la sua statura iconica: un’attenta combinazione fra ciò a cui è possibile aspirare e ciò che è irraggiungibile.]  Così quando è in tour, ogni notte torna nella sua camera d’albergo con un DVD dello show che ha appena fatto. Prima di andare a letto, riguarda lo show, critica sé stessa, i suoi ballerini, i cameraman. Il mattino dopo, ognuno di loro riceve delle pagine con degli appunti.

“Una delle ragioni per cui mi trovo in sintonia col Super Bowl è perché l’approccio che io ho verso il mio show è lo stesso di un’atleta”, dice Beyoncé. “Hai presente quando si siedono, osservano contro chi giocano e si studiano? Ecco come tratto tutto questo. Guardo le mie esibizioni, e magari potessi godermele, ma invece vedo la luce che è in ritardo. Vedo il: “Oh, quei capelli non andavano proprio bene!”, oppure il: “Oh, non dovrò mai più farlo!”. Cerco di perfezionarmi. Voglio crescere, e sono sempre ansiosa di avere nuove informazioni”.

Lei ama essere sul palco, dice, perché è l’unico momento in cui il suo critico interiore tace. “Amo il mio lavoro, ma è più di questo. Ne ho bisogno, perché prima che avessi una bambina, era l’unico momento della mia vita, ma proprio tutta la mia vita, in cui fossi persa”. Ma lei lo intende in senso positivo: quando il suo cervello si spegne, è, francamente, un sollievo. Dopo essersi esercitata, ripetendo ogni mossa così tante volte, immagazzinandola, può permettersi poi di non pensare. “È come un blackout. Quando sono sul palco non so che cavolo succeda.  Sono andata”.
Solange, sua sorella minore (nonché cantante di crescente e tutto rispettabile successo),  dice che è sempre stato così: ” Ho dei ricordi molto vecchi di lei mentre provava da sola nella sua stanza. Ricordo specificamente lei che prende questo verso della canzone o un certo vocalizzo e lo rifà da capo tantissime volte finché non è perfetto e forte. A 10 anni, quando tutti erano pronti a dire: “Ok, sono stanco, facciamo una pausa”, lei voleva continuare, per farlo molto bene e superarlo”.

 

È difficile da credere, considerando chi sia diventata Beyoncé crescendo, ma da ragazzina era timda. Ora, dice che Sasha Fierce, il gagliardo alter ego, in parte fiamma e in parte furia, che inventò all’uscita del suo primo video da solista (Crazy In Love, 2003) per convincere se stessa di quella parte di sé che usciva dal guscio, sia stata pienamente integrata nella propria personalità. In parte ragazza della porta accanto, in parte padrona dell’universo, Beyoncé trasuda una sensualità da agitata di fianchi che può essere un po’ intimidatoria.
È bella, nessun dubbio, ma la sua eminenza, la sua indipendenza e la sua ambizione rendono qualunque etichetta fresca al tatto. Il suo fascino sta nel punto cruciale di quella tensione, sul meridiano fra il volere il suo corpo prepotentemente formoso e sapendo che molto probabilmente ha ragione quando dice che “non siete pronti per tutta questa roba”, citando Bootylicious.

Un tempo, ciò che la rendeva violenta era proteggere la sua sorellina. Solange richiama alla mente i momenti in cui Beyoncé la difendeva. “Non ti dico nemmeno quante volte alle superiori, quanti ragazzi e quante ragazze possano dire che sia arrivata Beyoncé minacciandoli di mettere loro le mani addosso se mi avessero dato fastidio” dice Solange, ridendo.
Beyoncé dice di aver sfruttato la stessa indole per rinforzare la propria sfacciataggine e il proprio carburante a lavoro. “Mi piaceva quando la gente mi faceva arrabbiare”, dice nel documentario per la HBO, ricordando la propria infanzia nelle periferie texane, che fu sagomata (alcuni direbbero troncata) dalla sua determinazione di essere una star. “Sono tipo:” Fammi arrabbiare!” prima della performance. Usavo qualunque cosa”. Come dice Jay-Z in Déjà-vu: “La regina sta per pungere. state indietro!”.

“Sai, l’equità è un mito, e per qualche ragione tutti accettano che le donne non facciano tanti soldi tanti quanti ne fanno gli uomini. Non lo capisco. Perché dovremmo prendere posto nei sedili posteriori?” dice nel suo film, che inizia con la decisione, presa nel 2011, di troncare i propri rapporti lavorativi col padre. “Credo davvero che le donne debbano essere finanziariamente indipendenti dal proprio uomo. E, diciamocelo, i soldi sono ciò che conferiscono agli uomini il potere di definire il valore. Loro definiscono cosa sia sexy. E gli uomini definiscono cosa sia femminile. È ridicolo”.

Ora dice: “Sai, quando scrivevo le canzoni delle Destiny’s Child era una cosa importante il fatto di essere così giovani e prendere il controllo. E l’etichetta a quel tempo non sapeva che avremmo avuto così tanto successo, quindi ci hanno dato tutto quel controllo. E mi ci sono abituata. È l’obiettivo della mia vita quello di essere quel genere di esempio. Inoltre penso e spero che abbia delle ricadute favorevoli in futuro, e sempre più artisti lo vedano. Perché solo questo ha senso. È solamente giusto.

Non c’è ragione di essere arrabbiatissimi se qualcun altro usa la spatola e tiene le chiavi del registratore di cassa. Ma se potessi domare e gestire il tuo potere in modo che torni utile? Be’, allora non ci sarebbero limiti. Ecco il perché della videocamera: essere padroni del proprio marchio, della propria faccia, del proprio corpo. Solo a quel punto, per citare sempre Beyoncé, possono governare il mondo le donne.  E non sgarrate, ragazzi: Beyoncé è comoda sul suo trono. “Sì lo so, sono potente”, dice. “Sono più potente di quanto la mia mente possa digerire e capire”.

E PER QUANTO RIGUARDA LA SUA MUSICA?

Qualche parola sul suo prossimo album, per cui ha già registrato una cinquantina di canzoni.

Riguardo i suoi collaboratori:” Ho lavorato con Pharrel, Timbaland, Justin Timberlake e The Dream. Abbiamo tutti iniziato a lavorare negli anni ’90, quando l’R&B era il genere più importante, e noi tutti rivolevamo indietro quel momento: il sentimento che ci dava la musica”.

Riguardo la stesura dei testi: “Un tempo cominciavo con le parole e poi cercavo delle tracce, molto spesso era qualcosa che avevo nella mia testa, e capitava che andasse bene con la melodia. Ora scrivo con altri scrittori. Si comincia con il titolo o con il concetto di che cosa sto cercando di dire, poi vado in studio e canto la mia idea. Poi si lavora assieme per aggiungere gli altri strati”.

Riguardo le influenze dell’album: “Perlopiù R&B. Ho sempre le mie influenze di Prince e di Rock/Soul. C’è un po’ di D’Angelo, qualche doo-wop anni ’60, Aretha Franklin e Diana Ross”.

Riguardo la sua ispirazione: “Persino la cosa più stupida che senti alla radio viene da qualcosa di più profondo. Bootylicious era divertente, ma arrivava dalla gente che diceva che avessi preso peso e da me che dicevo: “Sono una donna del sud, ed è così che le donne del sud sono”. Ciò che mi motiva è sempre quello di esprimere qualcosa, di sanare qualcosa o di ridere e gioire di qualcosa”.

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