Ha senso che, quando una ragazza possiede e controlla ogni aspetto di sé, così come fa Beyoncé , questo la porti ad essere sempre più determinata ad essere perfetta. [Ovviamente Beyoncé non sta solo vendendo musica, ma anche la sua statura iconica: un’attenta combinazione fra ciò a cui è possibile aspirare e ciò che è irraggiungibile.] Così quando è in tour, ogni notte torna nella sua camera d’albergo con un DVD dello show che ha appena fatto. Prima di andare a letto, riguarda lo show, critica sé stessa, i suoi ballerini, i cameraman. Il mattino dopo, ognuno di loro riceve delle pagine con degli appunti.
“Una delle ragioni per cui mi trovo in sintonia col Super Bowl è perché l’approccio che io ho verso il mio show è lo stesso di un’atleta”, dice Beyoncé. “Hai presente quando si siedono, osservano contro chi giocano e si studiano? Ecco come tratto tutto questo. Guardo le mie esibizioni, e magari potessi godermele, ma invece vedo la luce che è in ritardo. Vedo il: “Oh, quei capelli non andavano proprio bene!”, oppure il: “Oh, non dovrò mai più farlo!”. Cerco di perfezionarmi. Voglio crescere, e sono sempre ansiosa di avere nuove informazioni”.
Lei ama essere sul palco, dice, perché è l’unico momento in cui il suo critico interiore tace. “Amo il mio lavoro, ma è più di questo. Ne ho bisogno, perché prima che avessi una bambina, era l’unico momento della mia vita, ma proprio tutta la mia vita, in cui fossi persa”. Ma lei lo intende in senso positivo: quando il suo cervello si spegne, è, francamente, un sollievo. Dopo essersi esercitata, ripetendo ogni mossa così tante volte, immagazzinandola, può permettersi poi di non pensare. “È come un blackout. Quando sono sul palco non so che cavolo succeda. Sono andata”.
Solange, sua sorella minore (nonché cantante di crescente e tutto rispettabile successo), dice che è sempre stato così: ” Ho dei ricordi molto vecchi di lei mentre provava da sola nella sua stanza. Ricordo specificamente lei che prende questo verso della canzone o un certo vocalizzo e lo rifà da capo tantissime volte finché non è perfetto e forte. A 10 anni, quando tutti erano pronti a dire: “Ok, sono stanco, facciamo una pausa”, lei voleva continuare, per farlo molto bene e superarlo”.