Alessandro
Beyoncé: al di là della patina dorata
10 Luglio 2013
in News

Lo status di icona è un’elusiva bestia feroce.

Vedete, non importa quante volte indossiate un body nero e dei guanti scintillanti, che avete reinventato con tanto amore, per reinterpretare l’oramai onnipresente “Single Ladies”—un minuto di pausa per apprezzare quante undicenni l’abbiano fatto negli ultimi 4 anni—non sarete mai brave come Beyoncé.

Ecco cosa bisogna amare di Queen Bey. È una macchina. È intoccabile. Inoltre, la sua sola presenza ci fa sentire fieri.

Il tocco di Mida di Beyoncé è un qualcosa di cui lei è ben consapevole, che ha saputo presentare strategicamente, deliziando e viziando i suoi impetuosamente devoti fan, e nel frattempo abbracciando tutto ciò che le permette uno spettacolo, la base delle sue esibizioni: “la licenza di vivere indirettamente, di immaginare, di fantasticare. Essere grandi più di se stessi, più della vita.”

Nel corso della sua carriera, ha scolpito, pettinato, e lucidato la sua immagine per costruirsi un’immagine pubblica così riconoscibile a livello mondiale, così singolarmente potente, che è partita dall’essere un qualcosa di remotamente raggiungibile all’essere un qualcosa di venerabile, etereo… E perfetto—che è ciò per cui confessa di impegnarsi.

Persino su Instagram, il cui nome sottolinea la spontaneità, Beyoncé presenta un’immagine curata e pulita che proietta uniformemente ogni sfaccettatura della sua persona: in una foto, scopre il suo invidiabile ventre piatto, concretizzando ancora di più lo stesso sex-appeal che ha dato vita al termine bootylicious, approvato anche dal dizionario di Oxford; in un’altra, pubblica bigliettini scritti a mano per i propri fan, dove li ringrazia per aver partecipato a sostegno delle sue azioni filantropiche. Poi, per timore che possiate sentirvi distanti da lei, ci sono dei promemoria che ci ricordano quanto Bey possa essere favolosamente ghetto: uno spuntino di mezzanotte ad Aiki, spaghetti con salsa al tabasco, fotografati su ciò che sembra un tavolino pieghevole. (L’effetto programmato è raggiunto: se davvero mettete in dubbio che Beyoncé possa mangiare spaghetti in una tazza, non siete poi dei fan così veri.)

È questo aspetto di mancanza di difetti che è riuscito a tenere in attesa i fan—che hanno deciso di attribuire una nuova connotazione al termine “fanatico” in quanto hanno adottato lo status di api operaie—i quali si aspettavano l’album, che avrebbe dovuto essere rilasciato ad aprile. Aspettano perché sanno che ne vale la pena. Aspettano perché è la loro Queen Bey. Mentre lei abbozza nuovi motivi e melodie, loro alzano le mani, e iniziano a far pratica: battito, schiocco, battito, schiocco.

Il quinto album della sua carriera solista è in produzione dall’estate 2012, quando aveva cominciato a discutere di collaborazioni con The Dream, Timbaland, e Sia. Parti di queste canzoni sono state rilasciate attraverso gli spot della Pepsi, che lavora con Beyoncé dal 2002, o di H&M; in ogni caso, Beyoncé non approverà l’album fino a che non le piacerà, il che vuol dire che dev’essere a prova di spingi-scatta-scuoti-getta. Una volta che hai venduto 75 milioni di dischi nel mondo, ed hai 17 Grammy, che possiamo farci?

Il perfezionismo, però, è un gioco ad alto interesse. In Life Is But A Dream ha detto: “C’è molto di stressante riguardo al dover tener conto di questo. Non ti puoi esprimere, non puoi crescere.” Il documentario è servito per dimostrare quanto Beyoncé debba fare attenzione ad ogni minimo dettaglio. Non può permettersi una gaffe, parlando in un microfono accidentalmente lasciato acceso; non può permettersi di avere problemi con gli abiti o l’acconciatura. Ma Beyoncé è umana, dentro quella macchina spara hit a prova di media che vediamo, batte un gran cuore.

Il fatto che abbia un cuore buono non dovrebbe sorprenderci—donò 250 mila dollari per l’emergenza uragano Katrina; aiutò a raccogliere un milione di dollari per Haiti, a seguito del terremoto nel 2010; recentemente, a fianco di Frida Giannini e Salma Hayek, ha promosso la campagna Chime For Change, a favore dei diritti delle donne.

Vi è però qualcosa di estremamente soddisfacente quando viene ricordato che Beyoncé ha il nostro stesso DNA. Almeno, in teoria parte di questo, dato che non tutti farebbero la stessa figura, se ricoperti di glitter colorato dalla testa ai piedi, e contorti nelle posizioni più strane.

Ecco le domande che Flaunt ha fatto a Bey:

Uno che pianifica un picnic, spera di avere successo con il proprio compagno di picnic. Cosa c’è nel cestino da picnic? 

B: Una coperta comoda, del vino rosso, della frutta, R&B anni novanta nell’iPod. Non credo serva altro. 

I gay sono attirati e si sentono più forti grazie a te, così come hanno fatto con Judy Garland, Barbara Streisand, Cher, e Madonna. Che cos’è che loro amano di te che era presente anche in loro?

Sono molto lusingata di essere raggruppata assieme a quelle donne fantastiche. Penso che loro amino il fatto che siamo audaci, che non abbiamo paura di amare, e il fatto che sfoggiamola nostra forza e sensualità.

Che ne pensi del glutine?

Mi sta bene il glutine. La pizza della domenica è un must per me! 

In quali luoghi celebri ti piace di più pomiciare? 

Al Louvre, o sotto L’Arc de Triomphe. Parigi è bellissima, una città così sensuale. 

La generazione internet è una grandissima parte del tuo fan base. Migliaia di loro hanno risposto al tuo hashtag #beygood per promuovere buone azioni. Cosa ne pensi dei media che se la prendono coi giovani, definendoli la generazione “io io io”, o la generazione di para-attivisti, buoni solo a scrivere su internet, e non ad agire?

Ai miei concerti, vedo l’opposto. Si impegnano davvero per fare la differenza. Abbiamo raccolto tonnellate di donazioni che andranno a creare lavoro, e aiuteranno la gente ad  ottenerne uno. È una cosa che voglio celebrare. Abbiamo scosso le coscienze con Chime For Change, raccogliendo oltre $4 milioni solo in una notte, per l’uguaglianza dei diritti delle donne. E c’erano così tanti giovani a quel concerto. Sono più socialmente responsabili di quanto si dica. 

Alcuni sono stati critici nei tuoi confronti per aver partecipato alla campagna di Pepsi, dopo aver mosso il tuo corpo per combattere l’obesità infantile. Dov’è l’equilibrio fra gli obiettivi della tua carriera e quelli filantropici? 

Sono cresciuta vedendo i miei eroi collaborare col marchio Pepsi. L’intera azienda rispetta i musicisti e l’artisticità. Non incoraggerei nessuno, specialmente un bambino, ad avere una vita senza equilibrio.

Quando lavori, ti prendi cura del tuo corpo, o provi così duramente come faccio nello spot, penso sia fantastico avere una Pepsi o una  Pepsi light quando ne vuoi una. Credo sia tutta una questione di scelte. 

Che tipo di macchia preferisci? 

Latte.

Un indumento senza cui non potresti vivere.

Una maglietta bianca. 

Hai attentamente modellato la tua immagine e controllato l’accesso alla tua vita una volta scesa dal palco. C’è qualcosa da invidiare a quelle star a cui non importa salvaguardare la loro vita privata?

Io ho scelto di mantenere privati alcuni aspetti della mia vita. Tuttavia, mi piace condividere quelli che mi rendono felice, e lo faccio soprattutto attraverso la fotografia. 

C’è uno scandalo sessuale storico che tu trovi non così scandaloso, ma in realtà fantastico?

Antonio e Cleopatra. La leggenda di quella storia d’amore ha avuto un grande impatto sulla storia e sulle vite della gente, fino ai giorni nostri.

Un certo numero di riviste redige la top 10 delle modalità per soddisfare il proprio amante. C’è qualcosa che di solito manca in queste liste?

Se devi leggere quelle liste, sei già nei guai. 

Che cos’è noioso per te?

La mancanza di creatività. 

Clicca QUI per le foto che accompagnano questa intervista nella edizione di luglio di Flaunt magazine.